6 giugno 1944, il D-Day: 80 anni fa lo sbarco in Normandia
Ottant’anni fa lo sbarco in Normandia: più di 160mila uomini per il D-Day, il giorno più lungo
Preparata meticolosamente, anche con operazioni di depistaggio, la più grande operazione militare di tutti i tempi sbloccò le sorti del conflitto, aprendo un nuovo fronte e facilitando la capitolazione della Germania nazista
Il D-Day, il giorno più lungo, ha segnato uno degli eventi più importanti del XX secolo, e non solo della Seconda guerra mondiale, velocizzandone il processo di conclusione con la sconfitta del nazifascismo e la liberazione dell’Europa. Lo sbarco degli Alleati sulle cinque spiagge della Normandia (Utah, Sword, Gold, Juno, Omaha), al comando del futuro presidente degli Stati Uniti, il generale Dwight Eisenhower, si svolse all’alba del 6 giugno 1944 e aprì un secondo fronte di guerra (oltre a quello orientale, dove l’Armata rossa sovietica avanzava da est). Ma un altro grande protagonista dello sbarco fu senza dubbio il generale britannico Bernard Montgomery, a capo del corpo di spedizione della 21esima armata. Il conflitto prese così una piega diversa, portando alla sconfitta della Germania nazista, costretta alla resa meno di un anno dopo.
I numeri
I numeri dell’operazione sono impressionanti: ottanta chilometri di costa interessata, 9 divisioni, oltre quattromila imbarcazioni per il trasporto dei soldati di fanteria, 13mila aerei d’appoggio, 702 navi da battaglia, 20mila paracadutisti, smistati in tre divisioni, che furono lanciati dietro le prime linee. Ma, soprattutto, più di 160mila soldati americani, inglesi, francesi e canadesi. La preparazione era stata meticolosa e lunghissima: addestramenti mirati, ricognizioni fotografiche aeree, azioni di spionaggio.
L’incognita tempo
Overlord, la più grande operazione militare della storia, rimase appesa alle incertezze metereologiche fino a poche ore prima dell’ok definitivo: in quei giorni, infatti, il canale della Manica e la Normandia erano coperte di nubi e sferzate da un forte vento, condizioni non ottimali per consentire un massiccio sbarco di uomini e mezzi. Ironia della sorte, fino al 31 maggio il tempo era stato sereno. Le ipotesi si concentravano sul 4, 5 e 6 giugno; in alternativa, si sarebbe ripiegato sul 19, 20 o 21. Ma anche il 5 la costa francese era flagellata da una pioggia martellante e da una vera e propria tempesta, che non lasciava presagire nulla di buono. Poi, improvvisamente, il cielo si aprì.
L’effetto sorpresa sui tedeschi
Il capo di Stato maggiore del Regno Unito, Alan Brooke, scrisse: “Nella peggiore delle ipotesi, può rivelarsi la più spaventosa catastrofe dell’intero conflitto. Dio ci conceda di riuscire”. I rischi erano infatti altissimi, anche perché l’esercito tedesco si aspettava un’invasione di vasta portata, nonostante non fosse in grado di stabilire quando e come. Si aspettavano, come mossa più scontata, l’arrivo delle truppe alleate nel punto più vicino alla costa britannica, il Pas de Calais. Gli analisti militari angloamericani sapevano infatti che l’effetto sorpresa avrebbe giocato un ruolo determinante. A sviare i pronostici, avevano contribuito gli stessi alleati, simulando fantomatici spostamenti di truppe da una parte all’altra della costa inglese (a Dover si simulò la presenza di un’armata comandata dal generale Patton con finte comunicazioni radio).
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